«Nel programma era prevista la presenza di Stefano Tassinari, grazie a cui questo libro ha trovato forma e corpo». Non aggiunge altro, Bruno Papignani della Fiom bolognese, e allo Spazio Book del Salone del libro scatta l’applauso. Ci sono lettori, amici editori come Salvatore Cannavò e Agnese Manni e l’attore Marco Baliani, che alla fine leggerà un passaggio del racconto di Tassinari. Lavoro vivo (Alegre) è l’ultima antologia pensata dallo scrittore appena scomparso. Un paio di settimane fa è stata presentata a Bologna, ora qui a Torino da Angelo Ferracuti, Giuseppe Ciarallo, Massimo Vaggi, Marcello Fois e Maurizio Landini, segretario nazionale della Fiom. Ma non è solo una presentazione, è un combattivo omaggio a Tassinari, che guarda avanti, alle cose da fare.
Tassinari aveva coinvolto scrittori sul tema del lavoro, declinato in vari modi. Ciarallo ha espresso «in letteratura questioni che volevo affrontare da tempo: i licenziamenti, che in tv sono freddi numeri ma dietro ci sono drammi personali e di famiglie, come ad esempio il cambiamento del corso dell’esistenza di un bambino i cui genitori perdono il lavoro, e l’identificazione che mio padre operaio aveva con la fabbrica, luogo di lavoro ma anche pericoloso per la salute. Mio padre, emigrato in Germania alla Volkswagen, quando passava un Maggiolino diceva: “quello l’ho fatto io”. Ora è tutto diverso».
Di questo cambiamento si è occupato Ferracuti in diversi reportage, ma per l’antologia ha «parlato di Guerriero Rossi, che ha scritto una lettera aperta al suo padrone, Diego Della Valle, che in fabbrica è molto diverso da come appare in televisione. Un operaio che ho raccontato in modo volponiano, e che non china la testa».
Fois chiarisce il senso della collaborazione degli scrittori con il sindacato: «ci piace la Fiom perché esprime concetti base che hanno fatto grande questo paese dal punto di vista lavorativo. Se il lavoro diventa concessione non può esistere un paese civile. Questa è un’operazione intellettuale, linguistica, di confronto. Ho scritto un racconto ambientato in Sardegna, posto negletto in cui qualsiasi tipo di arbitrio è in atto: nei confronti del paesaggio come del lavoro. Un posto, come per l’Italia, in cui manca un futuro. Quest’antologia non è salottiera, ma propone cose precise a chi ci piace, la Fiom». E, aggiunge Vaggi: «da ogni racconto emerge una forte intenzione emotiva».
Anche Landini ne è stato colpito: «non sono racconti tristi, mi hanno emozionato, anche perché conosco alcune persone di cui si parla. Poi il titolo, Lavoro vivo: in questi anni il lavoro era scomparso, come non fosse ciò che produce la ricchezza di un paese. Gli operai negavano di fare gli operai, come fosse cosa non nobile. Il lavoro invece resta importantissimo per ognuno di noi, e adesso si muore perché non lo si ha più. Il lavoro però o ha dei diritti o non è un lavoro. Siamo diventati schiavi, ricattati, precari, dobbiamo mettere al centro il lavoro come elemento di civiltà per la costruzione di un modello di vita più giusto. Il lavoro non è solo merce, una questione di prezzo, senza persone dietro, senza dignità o giustizia sociale. Spero che questo libro non sia un episodio, ma un inizio, per aprire qualcosa di nuovo. Nell’esperienza con la Fiat, sembrava che i lavoratori fossero lasciati soli a decidere se lavorare o subire un ricatto. I problemi oggi non hanno rappresentanza politica, e questo determina una lontananza, una solitudine, che va combattuta».
Landini si scalda: «i lavoratori hanno parlato in mezzo alla gente comune, dicendo che non accettavano il ricatto. Una lavoratrice di Mirafiori, in assemblea, ha detto: “io quando vado a casa, voglio continuare a guardare in faccia mio figlio”. Un elemento di dignità fortissimo. Ma la solitudine va risolta. Questo libro fatto insieme è cosa molto utile. È una scelta di campo: scegliere di stare dalla parte del lavoro non è scelta di una parte, ma di una visione generale della società. Siamo all’inizio. Il rischio è che nei prossimi mesi ci sia un peggioramento della situazione, e senza possibilità di costruire qualcosa di davvero diverso temo il senso di solitudine delle persone».
Ma ora si guarda avanti: «la prossima settimana, domenica 20 maggio, è l’anniversario dello Statuto dei lavoratori. Faremo un’assemblea in piazza a Firenze: vorremmo che veniste a leggere alcuni racconti. Dire “Lavoro vivo” non è difendere quello che c’è, ma voler cambiare. Se il mondo della cultura e del lavoro tornano insieme a produrre qualcosa di positivo, abbiamo fatto qualcosa d’importante e positivo per il paese. Non credevamo, ma Stefano ha saputo parlare e farsi ascoltare in modo semplice ed efficace. Grazie, e la prossima volta diremo che il lavoro è vivo, ha una rappresentanza e può aiutare questo paese».
Per vedere Baliani che legge Tassinari, clicca qui.
(foto del palco Fiom con Landini e Tassinari di Roberto Serra)