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Marcello Simoni, quando non c'era il selfpublishing

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MARCELLO_SIMONIEsce oggi L’abbazia dei cento peccati, primo volume della nuova saga di Marcello Simoni (Newton Compton), l’autore del Mercante di libri maledetti e di altri romanzi tradotti in 18 paesi. Siamo nel 1346, c’è un nuovo personaggio, il superstite di una battaglia, Maynard de Rocheblanche, c’è una reliquia particolare e una nuova avventura, come sempre tra storia e invenzione, realtà e leggenda col gusto del mistero, che si muove per l’Europa medievale, dalla Francia a Ferrara e all’abbazia di Pomposa. Come i precedenti romanzi dell’autore comacchiese, anche questo senz’altro scalerà le classifiche. Dei libri cartacei e degli ebook. Per altro, se il libro arriva oggi in libreria, già da qualche tempo è acquistabile in digitale. D’altronde Simoni è un medievista senza il feticcio della pergamena o della carta: non ha mai disdegnato e-reader e tablet come supporti al suo testo, e a Torino, al Salone del libro, nel maggio scorso era stato invitato a parlare proprio di questo, all’incontro “Dal selfpublishing alle classifiche: nuovi modi di pubblicare un libro”.

«Non c’è nessuna differenza, per me, tra l’uscire in formato cartaceo ed elettronico – ha detto – Anche se, di solito, leggo prima in digitale e poi, se ho amato davvero il libro, lo ricompro in cartaceo», perché in fondo la carta ha il suo fascino, e l’oggetto libro pure, ma guai a pensare che l’autore di Rex Deus (uscito prima a puntate in ebook, poi in volume nel 2013 col titolo L’isola dei monaci senza nome) sminuisca il digitale, anzi, soprattutto per il suo lavoro: «la digitalizzazione di tanti documenti ha davvero facilitato le mie ricerche, che altrimenti sarebbero state molto più lunghe». Anche lui, però, come tanti, è un “immigrato digitale”, e la sua esperienza gli permette una riflessione sul mondo dell’editoria che comprende e sostiene il ruolo dell’editore tradizionale ma non demonizza certo il selfpublishing, pur vedendoci un limite in particolare.

Simoni, classe 1975, viene «da un tempo “non-selfpublishing”, quando internet era agli albori e «serviva agli autori esordienti per cercare gli indirizzi degli editori. Poi non mandavi email ma spedivi i dattiloscritti, e se andava bene dopo qualche mese ti arrivava la famosa letterina garbata in cui ti dicevano che purtroppo non rientravi nella loro linea editoriale. Io poi, quando ho saputo che in Spagna pubblicavano molti thriller italiani medievali, ho pensato di aver trovato la mia strada, e li spedivo anche là. E facevo l’errore comune a tutti gli esordienti: spedivo a tutti (cosa che oggi con internet e la spedizione dei file è esplosa ancora di più)». Per forza che poi non si rientra nella linea editoriale… Quando però gli risponde Newton Compton e scende a Roma per parlare con l’editore, e si trova addirittura una persona che lo aspetta a Roma Termini, capisce che le cose stanno cambiando, «e a poco a poco capisco i meccanismi dell’editoria, che l’editore non è solo chi mette la copertina, che ci sono agenti che ti presentano e tutelano, che ci sono i distributori, i promotori, le presentazioni da fare, e che tutto questo va orchestrato. Quando nel 2011 esco con Il mercante siamo in pieno boom dei legal thriller, penso che non ce la farò mi, invece sono presentato bene, tutto funziona, il libro arriva, è letto, e soprattutto piace». Il resto è storia.

Nel mondo dell’autoproduzione è tutto più difficile, e col selfpublishing questa filiera manca o prova a incarnarla faticosamente una sola persona. Non è però detto che tutto questo lavoro porti a vendite significative, e soprattutto a conquistare lettori. C’è chi ce la fa anche col selfpublishing, ma per Simoni c’è una figura fondamentale che in questo modo si rischia di perdere: l’editor. «È la persona che ti corregge prima che tu sia mandato in stampa e in libreria. Che nota quello che tu, dopo aver scritto centinaia di migliaia di battute, aver passato mesi sulla storia, non vedi più: incoerenze, incongruenze, dettagli, momenti in cui la tua scrittura non funziona e il racconto si incaglia, perde forza o altro ancora. È la persona che ti fa riscrivere. Nel mio caso, poi, non ho solo un editor ufficiale, ma anche la mia fidanzata, che ogni tanto arriva con un malloppo di pagine, me lo sbatte sulla scrivania arrabbiata e mi fa: “che è questo schifo!”, e mi tocca rifare tutto».


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