“1 2 3 cane da caccia, cane da caccia… Ecco: questo è tutto quello che dirò questa sera… 1 2 3 cane da caccia… Mi senti anche se lo dico pianissimo? … Sì, grazie. Siete un pubblico meraviglioso”, e se ne va. È solo la prova microfono, ma riscuote già applausi. Stefano Benni al Salone del libro ha in programma un intervento dal titolo curioso, “Elefanti rosa. Racconti brevissimi e pesanti teorie”: un’ora di letture, “di testi di autori che amo tantissimo”, ha detto prima di venire a Torino. E una grande sala gremita lo attende.
Non c’è un programma di sala, e qualcuno si chiede se diventerà una sorta di gioco per scoprire che testo legge volta per volta, ma Benni evita questa sciocchezza, e annuncia testo per testo, senza commento, perché quando sale sul palco dice subito che ci sarà “una piccola parte di racconti brevi e una lunga e pesante in cui spiegherò perché li ho scelti. Una dissertazione critica sul racconto breve”. Chi vuole saperne di più, quindi, deve aspettare la fine. E avrà una sorpresa, o forse no.
Benni parte da “uno scrittore ungherese semisconosciuto: Istvan Orkeny”, un racconto che ruota attorno al problema e al senso di lasciare tracce di sé. Poi, grazie ai testi scelti, Benni porta in scena il tema dell’incontro con l’altro, la timidezza, il comico (grazie alle Tragedie in due battute di Achille Campanile, “il maestro di tutti noi”), il rapporto padre-figlio, il suicidio, la memoria, la difficoltà di comunicare. Temi e argomenti cari a Benni, che ritrova nelle voci o negli stili di altri, come Julio Cortazar, David Sedaris, Frana Kafka…
Legge dietro un leggio, e si allontana solo per prendere nuovi libri dal tavolo a fianco. Ne prende uno che molti riconoscono, lui sorride, dice “volevo risparmiarveli, ma ne leggerò un paio anche dei miei”, e gli basta dire Lombritticoetica e Fratello bancomat che il pubblico applaude contento, come a un concerto quando la rockstar presenta la canzone, “All together, come i Coldplay!”, dice infatti Benni invitando a partecipare alla lettura di Lombritticoetica, “una storia morale…”. Così legge anche la storia del pesce e del lombrico, sulle relazioni, tra interesse e sacrificio, e quando il pesce accetta di mangiare il lombrico, sacrificandosi e sapendo di morire, chiosa: “questo ricorda Bersani”.
Benni finisce di leggere, ringrazia per l’applauso. Tocca alla dissertazione promessa. Lui si toglie gli occhiali e comincia nel silenzio: “Ho calcolato i tempi alla perfezione, e infatti ora non ho più tempo per la dissertazione. Nessuna riflessione teorica… non ne avevo nessuna voglia”, e il “lupo” scoppia a ridere col suo pubblico.